Certe opere letterarie stanno proprio strette in una pellicola cinematografica. Un po’ per la lunghezza, un po’ perché ci sono tanti personaggi, ma a volte sopratutto per una questione di ritmo. Certe storie non possono essere racchiuse nello scarso centinaio di minuti di una pellicola e uno scrittore, quando scrive una storia, non attiva certo il tassametro…
Senza farlo apposta però, certi scrittori, sembra abbiano scritto appositamente le loro opere per stimolare altri a portare le loro opere sullo schermo: sceneggiatori e registi si mettono perciò di buona lena per addomesticare il ritmo che c’era nella testa di uno scrittore quando ha scritto la novella o il romanzo. Che non sempre sono l’ideale per un adattamento cinematografico, il quale ha le sue regole, i suoi limiti e le sue esigenze commerciali.
Ad esempio, tutto pensava Jules Verne (1828 – 1905) fuorché scrivere una storia per il cinema, quando nel 1873 terminava di scrivere uno dei libri che sarebbe divenuto un romanzo di avventure tra i più famosi al mondo: Le tour du monde en quatre-vingts jours, titolo mirabolante che è quasi impossibile tradurre in modo errato in qualsiasi lingua del pianeta. Un libro avventuroso di non facile adattamento, ma che comunque ha visto quattro trasposizioni cinematografiche (tra cui il “Giro del mondo in 80 giorni” del 1956 diretto da Michael Anderson con David Niven, che ha vinto cinque Premi Oscar e due Golden Globe), una serie televisiva nel 1989 e dal 1938 a oggi almeno sei pellicole animate. Neanche poi tante, se messe a confronto con altre opere dello scrittore francese.


In tutti i casi, comunque, si è dovuto patteggiare parecchio per definire un adattamento che potesse essere soddisfacente. Le opere di Verne, sia quelle dei viaggi straordinari che le altre, sono in genere poco complesse dal punto di vista della trama (nel senso che sono lineari), ma comunque articolate e dense di accadimenti e colpi di scena; non sempre regista e sceneggiatori hanno dimostrato di avere i giusti attributi per poterne trarre qualcosa di decente. Meglio usarle allora come ispirazione, e a volte il risultato è stato più che lusinghiero. E la traettoria dal libro al cinema non sempre è stata lineare.
Un esempio può essere un film come “Sahara” del 2005 (con Penélope Cruz e Lambert Wilson) che riprende numerosi elementi dal romanzo L’étonnante aventure de la mission Barsac (La strabiliante avventura della missione Barsac); si tratta nientemeno che dell’ultimo romanzo di Verne, in realtà scritto dal quinto capitolo in poi a due mani con il figlio Michel. Alcuni degli elementi nel film (ad esempio la città industriale nel bel mezzo del deserto, sul fiume Niger) non sono stati presi direttamente da Verne, ma bensì dall’omonimo romanzo di Clive Cussler, il quale però si è ispirato all’opera di Jules Verne. Nel romanzo dello scrittore francese, infatti,  si racconta di una spedizione in Africa, vicino al fiume Niger, che affronta sempre maggiori difficoltà man mano che si addentra nella regione africana, finché non giunge a una misteriosa città: Blackland. Una storia che mescola l’avventura con il poliziesco.


Insomma, le triangolazioni per ritrovare Verne nelle pellicole cinematografiche moderne sono lecite e indispensabili, ma soprattutto passano anche attraverso anche altre opere letterarie. Come a sancire il fatto che le storie immaginate nel XIX secolo da uno scrittore francese sono ormai divenute patrimonio culturale che va ben al di là del suo tempo.

(Pubblicato sul n.19  di Io Come Autore)

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