La nebulosa di Orione

Gianluca Nicoletti – giornalista della Stampa e conduttore di un’originale rubrica radiofonica su Radio24 – è attualmente impegnato a condurre una vita “alternativa” su Second Life, fenomeno antropologico emergente dell’inizio millennio. Attenzione: Second Life non è un fenomeno di nicchia, sta infatti dilagando a tutti i livelli: politici del calibro di Formigoni a Di Pietro hanno già aperto i loro uffici virtuali, per non parlare poi di personaggi più o meno famosi dello star system. Mi manca di avere notizia per quanto riguarda personaggi di calibro scientifico, che diano maggiormente corpo al fenomeno anche se dubito che mai Gino Strada si costruisca un avatar.
Recentemente l’avatar di Nicoletti è stato, come dire, “replicato”, ma neanche; insomma, qualcuno si fa passare per lui e adesca nella realtà alternativa le sue fedeli ascoltatrici per sedurle – virtualmente s’intende. Questo fatto ha gettato nello sconforto le ascoltatrici e ha anche generato dei sospetti di instabilità mentale in Nicoletti da parte di molti altri ascoltatori che sospettano una sua devianza dalla realtà. Insomma, un dibattito decisamente vivo e articolato. Qualcuno direbbe esagerato.
È interessante notare tutto quello che si sta scatenando attorno a Secon Life, ma credo che la nostra epoca imponga più di qualsiasi altra dei modelli mentali adeguati.
La science-fiction ha analizzato tutto questo fenomeno ben prima che divenisse realtà; da P.K. Dick – vale a dire negli anni ’50 – in poi tutto è stato scritto prima ancora che accadesse. Le nuove generazioni, o comunque chi non ha mai beneficiato di quella letteratura, hanno dovuto impattare la concretezza della realtà virtuale soffrendo maggiormente. E se sei giovane la metabolizzi meglio, mentre i più datati hanno difficoltà a digerire e devono stare molto attenti all’assunzione.
Nicoletti, che pur di primo pelo non è, dichiara di avere famigliarità con il fenomeno dal 1992, anno in cui vide un film che trattava del fenomeno realtà virtuali (Il Tagliaerba, The Lawnmower Man, di Brett Leonard; un film abbastanza brutto, famoso solo per essere stato il primo nel quale siano state utilizzate delle sequenze completamente computerizzate). Buon per lui, anche se devo dirgli che si è perso parecchio. Da parte mia credo di essermi occupato di realtà virtuali dalla fine degli anni ’70 o comunque dall’inizio degli anni ’80; la sf mi ha dato, anche in questo caso, gli strumenti mentali adeguati per navigare la situazione. Ne ho viste di tutti i colori e ho vissuto le situazioni con una certa dose di distacco mentale, senza mai cadere nella catarsi totale intendo.
L’importante non è saper distinguere tra realtà e finzione – credo che Dick ci abbia sufficientemente chiarito che forse è impossibile – ma piuttosto capire cosa si può fare se si crede di vivere nella finzione, anziché nella realtà. A meno che non si confondano i due stati.

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