A volte commetto errori imperdonabili, aggravati dal fatto che ancor prima di commetterli so esattamente a cosa vado incontro. Lo facciamo tutti, forse, chi più e chi meno.
E quando ci accade di commetterli, il nostro primo pensiero va al tempo: ah, se tornassi indietro non lo rifarei! Ma tant’è, l’hai fatto. Se torni indietro, lo rifai.
Così, qualche giorno fa, ho visto un film che sapevo che non avrei dovuto vedere. Per tante ragioni, ma principalmente perché è tratto da un ottimo romanzo e ben difficilmente in questi casi ciò è sinonimo di buon film (le eccezioni per il XX e XXI secolo si sono già verificate, per cui direi che non è proprio il caso di continuare a sperare).
Sarebbe bastato prendere in considerazione il titolo italiano per acuire i sospetti; ma il titolo originale del film è fedele al romanzo e allora dopo un attimo non ci fai più caso, anzi ti convincici che è colpa dei soliti ignoti che lavorano nelle distribuzioni italiane che sembra abbiamo studiato l’inglese per corrispondenza.
Poi guardi anche chi sono i protagonisti, tra i quali non ci sono né i tuoi attori preferiti, né attori che personalmente avresti calato nelle parti dei protagonisti del libro. Il maschietto (Eric Bana), le altre volte che l’hai visto in una pellicola, per la maggior parte del film anche in quel caso non era granché vestito (in uno diventava insolitamente verde e ringhioso, e zampettava dal Gran Canyon al deserto del Nevada su una gamba sola, nell’altro sempre poco vestito duella con il pelide Achille, avendone poi la meglio). La femmina (Rachel McAdams), tutto ti ricorda men che la protagonista del romanzo La moglie dell’uomo che viaggiava nel tempo (The Time Traveller’s Wife, 2003) della Audrey Niffenegger. Un libro che hai apprezzato parecchio e che in alcune pagine ti ha fatto venire il groppo alla gola (le conti sulle dita della mano le volte che ti è accaduta una cosa del genere; e non è che hai letto poco).
Ma insomma, è più forte di te, devi vedere come il regista Robert Schwentke e lo sceneggiatore Bruce Joel Rubin hanno animato la vita di una “persona cronologicamente disorientata”, in che modo hanno magicamente trasormato in immagini lo strambo diario dei due protagonisti, che inizia il 26 ottobre del 1991 (Henry ha 28 anni, Clare 20) per passare a Domenica 16 giugno 1968 e terminare a Giovedì 24 luglio 2053 (Henry ha 43 anni, Claire 82) e successivamente a Lunedì 14 luglio 2053 (Claire ha 82 anni), in una caotica ma ordinata sequenza di avvenimenti, perfettamente logici e coerenti.
Ecco, direi che nel film Un amore all’improvviso (aargh…) ciò che manca sono proprio gli aspetti logici e coerenti, come se lo sceneggiatore li avesse ritenuti superflui e noiosi. E credo sia la cosa che rende il film inguardabile e ridicolo oltre ogni misura consentita dal buon gusto. Chi non ha letto il romanzo percepisce solo una melensa, psicotica e inverosimile storia d’amore, costruita con un’accozzaglia di brevi scenette legate fra loro solamente per la presenza dei protagonisti. Chi ha letto il romanzo forse riesce a giustificare i tagli e i cambiamenti operati alla storia, troppo elaborata per rientrare nei minuti richiesti dal taglio commerciale di un film, ma di sicuro sarà anche rimasto perplesso per l’occasione mancata.
Anzitutto la Niffenegger compone una vera e propria elegia, più che un romanzo classico. Questa storia può essere letta al pari di una tragedia greca per la carica di predestinazione che l’autrice carica sulle spalle dei protagonisti. Ma troviamo anche un misurato senso del gotico (un po’ tipico di tutta la produzione della Niffenegger, del resto) per il senso cupo di fine imminente che cadenza la vita di Claire e Henry.
Inoltre, inconsciamente o comunque non intenzionalemente, ha trattato uno dei temi più cari alla sf in modo magistrale, meglio di come hanno fatto tanti autori del genere sf che hanno destreggiato per decenni storie di weird tales o di sense of wonder. E pensare che la Niffenegger con la sf non ha nulla a che vedere, lo ha chiaramente affermato (vedi intervista Intercom). La strana anomalia genetica che impone al protagonista di pendolare avanti e indietro nel tempo, totalmente senza alcun tipo di controllo, non ha una giustificazione di tipo scientifico. Nel romanzo si tenta di delineare questa sindrome, lasciando ricoprire il ruolo di pathfinder alla figura di un genetista contattato dal protagonista (che nel film diventa quasi una macchietta da avantspettacolo), ma la Niffenegger non spreca spazio per delineare meglio la questione. È attratta maggiormente e giustamente dal rapporto tra i due protagonisti, totalmente in balia del fato, drammaticamente predestinati a percorrere tutta la loro vita in un balletto di attesa infinita: Claire che attende i ritorni di Henry e quest’ultimo costantemente impegnato a cercare in lei un punto di ancoraggio definitivo.
Lo stile di scrittura della Niffenegger è inteso proprio a sondare le incertezze e le attese dei due protagonisti, vero cardine del romanzo; sarebbe bastato che i sceneggiatori avessero messo una voce narrante al film, per fare almeno trasparire quest’importante aspetto. Ma niente; hanno preferito puntare tutto sulla stranezza del fatto che un tizio sparisce in un punto per trovarsi, nudo e impaurito, cronologicamente altrove, a volte guardando sé stesso, altre impegnato a difendersi o fuggire.
Un ulteriore aspetto che fa apprezzare il coraggio dell’autrice del romanzo, è la lucidità con cui infarcisce tutta la vita dei protagonisti con una sana attività sessuale, finalizzata ad avvicinarli alla nostra realtà, con le nostre stesse pulsioni e desideri. Altro aspetto che nel film viene miseramente cassato, molto probabilmente per paura della scure censoria della distribuzione americana. Peccato, perché nel romanzo, la sessualità dei protagonisti è proprio uno degli aspetti caratterizzanti della storia; Claire, che conosce Henry all’età di 6 anni, quando lui ne ha però 36, passa la vita in attesa spasmodica del suo amore, che si concretizzerà solo quando lei ne ha 18 e lui 41 per poi attendere di continuare solo nel tempo “reale” (Claire ha 20 anni, Henry 28) quando finalmente incontrerà un Henry totalmente ignaro di ciò che è stato il loro rapporto fino a quel momento e che è poi l’inizio della loro “vera” vita insieme. C’è di che dar fuori da matti.
Ma in realtà si rischia di andare fuori da matti a vedere cosa è divenuto in pellicola questo romanzo; e siccome tengo alla vostra salute mentale vi esorto a non commettere i miei stessi errori. Se qualcuno mi sente: non guardate quel film! Indietro non si torna, o meglio, anche se si torna non si può cambiare quello che avete già fatto.
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