Illustrazione di Oscar Chichoni

La letteratura, rispetto alla vita reale, ha il grande vantaggio di poter pianificare la sua rappresentazione. Sta alla furbizia dell’autore fare in modo che gli eventi si dipanino nel modo più corretto. Anche quando gli avvenimenti si svolgono con modalità estremamente realistiche, non dobbiamo scordarci che dietro tutto quello che si legge vi è un piano preciso.
Nella vita reale, differentemente, accadono cose che possono essere veramente inaspettate e incomprensibili. Diamo naturalmente per scontato che dietro il nostro universo non ci sia un’entità che ordina e dispone. I comportamenti dell’umanità sono, perciò, in massima parte stocastici e il margine di prevedibilità è veramente molto basso. Chi può dire, dunque, quali saranno i comportamenti dell’uomo di fronte degli eventi che sarà costretto ad affrontare? Oppure, data la sua intima e personale natura, quali potranno essere i suoi comportamenti in ambito sociale?
Ma gli avvenimenti che a noi possono parere senza senso, il più delle volte hanno delle ragioni ben fondate, derivanti da pulsioni (consce ed inconsce) radicate nel profondo dei protagonisti che le animano. Il caso Marrazzo ne è un esempio più che lampante (approfondisci) e se ci può insegnare qualcosa è proprio in questo senso; comunque finirà tutta la bagarre scatenata a seguito dei comportamenti privati di un ex governatore, con morti sospette al seguito, alla base di tutto vi è l’individuo con la sua natura e le sue peculiarità, che non cambiano da quelle dell’uomo della strada anche se momentaneamente esso ricopre cariche e funzioni che lo fanno apparire come un essere superiore alla media. Si tratta di una sottile questione morale.

La questione morale in letteratura è ovunque. Le citazioni rischierebbero di essere uno sterile elenco di opere, inizierebbe dall’Alcesti di Euripide per finire a Roberto Saviano. Si tratta di un concetto che è strettamente legato al fine stesso della letteratura e perciò non è solo una questione di rispetto della legalità; il discorso si fa complesso. Lo scrivere, e perciò la letteratura, deve pur servire a qualcosa; già di per sé stesso questo è un fatto etico. La letteratura, così come la vita reale, sono strumenti di ricerca per la verità, direbbe un ermetico come Carlo Bo. E gli risponderebbe un qualsiasi scrittorucolo di sf facendogli notare come proprio la famigerata “fantascienza” sia l’ambito letterario ideale per fornire una conoscenza, informare su ciò che non si conosce, fornire gli strumenti per la ricerca del sapere.

La questione morale in sf è trattata da differenti punti di vista. Anche qui il discorso è senz’altro complesso, in quanto ancor più che altri generi, la sf fa suo un argomento che si presta enormemente a valutazioni morali: l’ingerenza della scienza e della tecnologia nella natura umana. La sf è una letteratura ad alto tasso di moralità, se consideriamo le cose dal punto di vista scientifico. E anche qui l’elenco di opere da citare sarebbe sterminato, a cominciare dall’opera completa di H.G.Wells fino al cyberpunk.
Per definire il concetto può essere utile citare un autore come George Alec Effinger ad esempio, che riesce a delineare in uno sfondo come il Budayeen del ciclo di Marid Audrian, una società nella quale convivono aspetti che per il nostro metro di giudizio possono essere considerati senz’altro di “dubbia moralità”; una società dove il cambio di sesso è operazione comune e dove impianti cibernetici permettono alle persone di modificare le proprie capacità e la propria personalità.
Il ciclo si compone di tre romanzi scritti tra la fine degli anni ’80 e i primi anni ’90, ma che hanno una freschezza, un senso, un riscontro, proprio ai nostri giorni, come testimonia la loro recente ripubblicazione. Il primo romanzo della serie, When Gravity Fails, è del 1987 ed originariamente è stato pubblicato nella collana Cosmo Argento della Nord come “Senza tregua” (traduzione di M.C. Pietri); la nuova edizione proposta dalla casa editrice Hobby & Work mantiene invece il titolo originale di “L’inganno della gravità” (traduzione di E. Raguzzoni).

La copertina originale e a sinistra le due edizioni italiane.

La società dipinta da Effinger è fatta di caste chiuse, dure, in cui i protagonisti si muovono in un oscuro clima di romanticismo tecnologico; una società nella quale l’essere innamorati di una persona che ha cambiato sesso con un’operazione chirurgica è vissuta in modo del tutto naturale; nella quale usufruire di un innesto per trasformarsi in una persona diversa è attività lecita e consentita. Questo è il modo in cui si muove l’investigatore privato Marid Audrian che in questi romanzi ha saputo delineare e indagare molti aspetti che per certi versi rischiano di divenire la nostra prossima realtà; aspetti che nella vita reale di oggi scatenano sempre un bailame di confronti e dibattiti in tutte le sedi ogni volta che salgono alla ribalta, ma che nella finzione letteraria (che deve fornire gli strumenti di ricerca della verità) sono elementi assurti dai protagonisti a rango di normalità. Protagonisti in cui il lettore non fatica a immedesimarsi in una sorta di benefico transfert catartico. Se andiamo a considerare quindi gli aspetti sociali, la sf è una letteratura priva di moralità.

Ma anche la nostra società è priva di moralità. Lo è da sempre, e solo l’agitarsi scandalizzato di coloro che si sentono in obbligo di salvaguardare la presunta onorabilità della razza tenta di far apparire diversa questa realtà.

Etica e morale, nella vita reale, sono etichette che diventa sempre più difficile appendere sotto valori ed azioni assolute. Si tratta di una questione relativa, infatti, definire che sia più immorale frequentare dei transessuali invece che fare azioni per frodare il governo di cui si è rappresentati.

Oppure far credere a tutti di essere il paladino dell’etica e della giustizia, anziché propinare al popolo di sacrificarsi per il loro bene.

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