Quante volte l’abbiamo visto accadere? Sofisticazione alimentare e qualcuno ci lascia la pelle. Strane malattie resistenti che non si sa da dove arrivino o che, peggio ancora, non si sa fin dove arriveranno. Una volta è il pollo o magari la carne di manzo, infine il maiale, in una giroscopica danza della morte.
L’attenzione che poniamo a quello che mangiamo è totalmente travisata dal bombardamento mediatico al quale siamo costantemente sottoposti. Non ci facciamo caso, ma purtroppo quello che mangiamo, il più delle volte, è quello che per sentito dire qualcuno ci ha detto che è meglio ingerire. Magari l’ha detto la nonna o ce lo ha inculcato la mamma, e se siamo stati abbastanza scaltri da evitare i consigli parentali ci pensa la pubblicità a riportarci in linea con il resto del mondo.
Un po’ come nel romanzo I mercanti dello spazio (The Space Merchants), di Frederick Pohl e Cyril M. Kornbluth; un acuto romanzo del 1953 che ancora lo si trova, perché è uno di quei libri che ha segnato la strada. È arrivato in Italia nel 1962 (Urania n. 297) e da allora la Mondadori lo ripubblica più o meno costantemente.
L’attualità del romanzo non sta nell’aver utilizzato tra gli espedienti narrativi, trovate “singolari” per i tempi come quella del caffè con alcaloidi addizionati (così da creare dipendenza), o la carne di pollo sintetica creata in vasche di laboratorio e che diviene la soluzione per eliminare la fame nel mondo. L’attualità sta nel protagonista: l’uomo. Quello che tra tanti, comunque vadano le cose, a un certo punto alza la testa e dice basta, o almeno ci tenta. Ecco: quello è l’uomo che forse ci salverà, che ci porterà fuori, perché potremo sempre contare sul fatto che lui sarà sempre lì a vigilare. È la soluzione che sempre la nostra specie ambisce: contare su qualcuno che faccia per noi il lavoro sporco e ci salvi.
Per quello che serve, ovviamente; nel romanzo, ad esempio, il pubblicitario protagonista della storia si ritrova ad essere buttato dall’altra parte della barricata, tra i consumatori.
Così come nella realtà l’uomo non ha nessun tipo di controllo su ciò che viene prodotto e può solo fidarsi di quel poco che viene riportato sulle etichette dei prodotti. Anche ciò che l’uomo coltiva personalmente non è esente da rischi, in quanto nessuno ha il controllo completo delle materie prime che vengono impiegate e tantomeno governa le condizioni metereologiche della zona in si coltiva.
Anzi, l’aspetto del ingovernabilità sembra in genere preoccupare veramente poco le persone. Certo, a parole, basta chiederlo e tutti sono seriamente preoccupati se non addirittura impegnati a contrastare le sofisticazioni. Ma per migliorare la situazione basterebbe probabilmente molto meno dell’impegno civile: attenzione a cosa si mette in bocca, come con i bambini!
Ad esempio, secondo i canoni della medicina cinese, noi siamo ciò che pensiamo, che respiriamo e che mangiamo; alimentazione e respirazione, infatti, sono Hou t’ien, ovvero le due fonti che contribuiscono a creare l’energia acquisita (energia rong) che consente al nostro corpo di vivere e svilupparsi. Secondo questa semplice affermazione dunque, il fatto di essere impotenti contro la sofisticazione alimentare, mina per un terzo lo stato di buona salute di ogni individuo.
Le indicazioni della medicina cinese sono, almeno in un primo livello, in definitiva molto semplici: nutrirsi esclusivamente di alimenti locali, mangiare frutta e verdura nella stagione in cui matura, assumere alimenti il più possibile freschi, evitare i prodotti raffinati come lo zucchero bianco, la farina bianca e i cereali privi del loro involucro, lavare accuratamente frutta e verdura. Insomma, sembra di sentire parlare la nonna. O che le nonne abbiano comunque attinto alla monumentale opera di Li Shi Zhen, terminata alla fine del XVI secolo: il Ben Cao Gang Mu, ovvero il Compendio di materia medica in 52 volumi nei quali sono descritti e classificati circa 2000 farmaci ed è la più importante opera di scienze naturali, medicina, farmacologia, botanica, mineralogia, astronomia di tutta la storia cinese e che è poi servito da base anche per lo sviluppo della dietetica.
Un argomento, questo della dietetica, che per la tradizione cinese è però in effetti molto complesso da gestire, in quanto bisogna saper accordare fra loro la forma e l’energia degli alimenti con il loro sapore, in quanto l’obiettivo principale è l’aspetto energetico dell’alimento, legato principalmente alla qualità.
E siamo tornati al problema: la qualità è un concetto ormai aleatorio. Dobbiamo accontentarci del modesto livello di controllo che possiamo operare personalmente o che effettuano gli enti preposti.
Morire per fame, in molte parti del mondo è ancora una realtà e per loro qualcosa si può ancora fare. Un po’ come quando vedi qualcuno che è sotto il tiro di un’arma: sposti la canna dalla traiettoria. Più difficile sarà invece evitare di morire di nutrizione errata, perché in questo caso non sappiamo da dove può arrivare colpo.
Lascia un commento
Comments feed for this article